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Comune di Acri
Acri turismo:
Ad Acri si giunge dalla media valle del Crati, da percorrere in circa mezz'ora,la strada dopo un breve tratto pianeggiante, va in salita tra campagne coltivate con uliveti per raggiungere la vallata del Crati. La città si presenta estesa su tre colli; il borgo antico è Padìa con la torre civica detta (rocca dei bruzi) e la chiesa matrice di Santa Maria Maggiore), i quartieri di Picitti (quartiere dei greci) e Odivella si inerpicano fino alla cima dell'antico castello, fortezza posta a guardia della profonda valle dei fiumi Mucone e Chalamo. Il simbolo araldico della città di Acri, sono tre monti, sormontati da tre stelle, con la dicitura, "Acrae,Tri Vertex, Montis Fertilis, U.A. (Universitas Acrensis).
La parte più consistente del territorio di Acri è dominata dalla Sila Greca. L'altra parte del territorio si restringe sui costoni della Presila e lungo tutta la vallata del Mucone e del Chàlamo,i maggiori affluenti del Crati. La città di Acri è situata a 720 m s.l.m.
Il paesaggio presenta una grande quantità floreale e di essenze arboricole, e a pochi chilometri i boschi di castagno lasciano il posto alle foreste di pino silvestre , pino mugo e pino nero calabro e lungo le strade in primavera infiorescenze di ginestra italica, malva selvatica, e di erica.
Il territorio è solcato da due fiumi maggiori: il Mucone e il Chalamo e quattro fiumi piu piccoli di una certa lunghezza: il Cieracò, il Duglia (fiume degli schiavi) affluente del Crati (km 51,59), il San Martino, il Coriglianeto che sbocca nel mare Ionio, nel 1400 chiamato( Lucifero), il Chàdamia, il Trionto, antico (Trantes o Taetris), il Galatrella (km 42,47) nel medioevo (Garlathio), ed molte altre fiumare minori. Il territorio di Acri è ricco di acque potabili, che non a caso veniva chiamato dai Romani Idrusia, e cioè "La città delle acque", caratterizzata da diverse fontane disseminate su tutto il territorio.
Fra queste le più antiche sono la Fonte del Rinfresco e la Fonte di Pompio, oltre a due fontane antichissime del popoloso quartiere San Domenico, la fonte del Rinfresco è ubicata nei pressi dell'antico borgo della Judeica, si ritiene realizzata proprio dai Giudei, intorno all'anno 1000 dove nei pressi prima era situato l'antico quartiere ebraico; la seconda è soprannominata dal popolo "Gnesa", nella tradizione popolare si racconta che una bella fanciulla di nome Agnese, di cui si ammirava il suo bel di dietro, contrastante con quello della sorella Rosa, brutto e foruncoloso, spinta da tante lodi per il suo fondo schiena, volle specchiarsi, ma non avendo lo specchio, pensò di farlo nelle limpidissime acque della fontana, alzandosi le vesti,in realtà quelle erano acque lustrali ed erano sacre a Hermes Psicopompo.
Le rimanenti due fontane sono poste a poca distanza l'una d'altra in un luogo che in antichità era una via importante di comunicazione, via Roma (antica via San Domenico) situata pressi del complesso conventuale della chiesa di San Domenico e del palazzo fortezza attuale sede della Comunità Montana Destra Crati, sulla dorsale destra e sinistra del fiume Chalamo, presenta una lapide marmorea del 1700 posta dai sindaci reggenti che ne dichiaravano le virtù curative per gli ammalati e gli animali e la realizzazione del nuovo ponte sul fiume Mucone, per permettere i carriaggi l'attraversamento, nei lunghi mesi invernali quando il fiume era impraticabile. Un'altra fonte è quella di Turritano, (luogho della torre) che sgorga dalla montagna di Serra di Buda. Un'altra fontana storica è quella detta "dell'Acqua nova" o dell'Annunziata, perché posta nelle vicinanze della chiesa dell'Annunciazione,questa fontana fu realizzata nel 1889.
Tutto l'altopiano della Sila Greca era dal poeta e storico Norman Douglas definito un tempo "Il Granaio della Calabria"; oggi è in buona parte disseminato di boschi di conifere, e la brulla pianura è cosparsa da corsi d'acqua. Risalendo questa zona si raggiunge una vetta conosciuta con il nome di Scangiamoneta, ed ancora più in alto si può raggiungere quota 1.481 metri, giungendo così alla cima del monte Paleparto (in antico Palepatos), un luogo ideale di grande bellezza naturalistica che spazia su paesaggi montani e fra i più belli di Calabria, e forse ancora incontaminati in Italia.
La figura del Beato Angelo di Acri si inserisce nel periodo della dominazione spagnola, negli ultimi trenta anni del XVII secolo e nel momento in cui il regno di Napoli riacquistò la propria indipendenza politica con l’ascesa al trono di Carlo III di Borbone.
Nato ad Acri (ove esiste ancora oggi la sua casa natale restaurata e trasformata in cappella negli anni Quaranta del Novecento), il Beato si chiamava Lucantonio Falcone e, nato nel 1669, entrò più volte nell’Ordine dei Cappuccini ma fu la terza quella della vocazione. Divenuto sacerdote nel 1700 egli si dimostrò non solo un grande predicatore ma anche un abile diplomatico e un uomo di grande lungimiranza portando a compimento intricate questioni. Ottenne, a ragione, il titolo di “Apostolo delle Calabrie”.
Nel paese, hanno inteso rendere omaggio alla sua figura e soprattutto veicolare quanto più possibile la sua grande opera di predicazione e di spirito cristiano, istituendo un piccolo ma suggestivo museo nei locali dell’ex chiesetta del Beato Angelo (annessa a quella attuale).
In esso sono esposte reliquie del Beato (che si aggiungono alle spoglie e al saio originale conservati nella chiesa), oggetti della sua vita quotidiana e dei frati dell’Ordine dei Cappuccini ma anche dipinti, statue e testi antichi. A pochi passi dal museo si trova la “cella del Beato Angelo” ovvero la cella di isolamento o “cella solitaria” del convento, nella quale egli soleva ritirarsi.
Il museo del Beato Angelo è di grande importanza sia da un punto di vista storico sia religioso (vi accorrono infatti numerosi pellegrini) sia prettamente artistico e museale.
Tratto da: comuneacri.gov.it
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