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Lungro : Arte, Storia, Cultura, Prodotti Tipici, Dove dormire, Dove mangiare, Cosa fare nella Provincia diCosenza.

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Comune di Lungro

Lungro turismo:

Sul versante sud-ovest della catena montuosa del Pollino, nel territorio delimitato a nord-ovest dal fiume Galatro ed a sud-est dal fiume Tiro, si estende Lungro, comunità arbëreshe di 3145 abitanti. Il suo agglomerato urbano che giace ai piedi del monte Petrosa a 600 metri di altitudine, é sovrastato da una cinta di monti che, distaccandosi a nord-ovest dal Cozzo Pellegrino, si congiungono trasversalmente al massiccio del Pollino. Dal promontorio su cui sorge il paese, che guarda gran parte della Piana di Sibari, è possibile scorgere il magnifico Golfo di Sibari e le colline che salgono gradualmente verso i rilievi della Sila Greca. Il nome Lungrum appare per la prima volta nella storia, intorno al secolo XII. L’etimo Lungrum o Ugrium sembra riferirsi alla particolare umidità del suo territorio. Secondo Domenico De Marchis , il suo nome deriva dal greco UGROS «ugros»/umido, fluido,acqua. Quest’ipotesi è avvalorata anche dal nome dell’antico monastero del casale di Lungro, «Santa Maria delle Fonti»/Shën Mëria e Ujravet.
Era il 2 maggio del 1156, quando Ogerio del Vasto, signore della contea di Brahalla (l’attuale Altomonte), con il beneplacito di Soffrido, vescovo di Cassano, concesse ad alcuni monaci basiliani il territorio antistante la chiesetta di Santa Maria de Fontibus, nei pressi del casale Lungrum. L’erezione del monastero di Santa Maria delle Fonti, permise ai monaci baroni di conquistare gradualmente la giurisdizione civile sulla popolazione e sul territorio e consentì al piccolo agglomerato rurale di svilupparsi autonomamente. Dovettero però trascorrere parecchi anni prima che l’esigua popolazione del borgo medievale, tutta di origine italiana, potesse usufruire proficuamente delle terre e dei benefici concessi da quella donazione di vassallaggio. Le molteplici angustie feudali, inoltre, ostacolavano lo sviluppo economico del borgo e frenavano l’incremento demografico, poiché una sorta di primogenitura feudale consentiva di contrarre matrimonio solo al primogenito, costringendo al celibato gli altri membri della famiglia. D’altro canto, il monastero andava acquistando sempre maggiore prestigio e in poco tempo divenne uno dei più importanti centri di spiritualità bizantina e cultura greca. Con il dissolvimento del sistema feudale, dopo il Regno dei Normanni (XII secolo) e il dominio degli Svevi (XIII secolo), l’abbazia e il casale attraversarono un lungo periodo di crisi che si acuì con il dominio degli Angioini prima, degli Aragonesi poi. Il casale Lungrum, comunque, andava lentamente sviluppandosi, sotto la blanda guida dei monaci. A dare una svolta determinante e nuova linfa vitale al piccolo agglomerato rurale, fu l’insediamento di 17 fuochi (famiglie) di transfughi albanesi che si stabilirono nel territorio lungrese nella seconda metà del XV secolo. Quando il sultano turco Murad II, dopo aver conquistato gran parte dei territori in Oriente, rivolse le sue mire espansionistiche verso l’Albania, Giorgio Kastriota Skanderbeg, valoroso comandante albanese dell’esercito turco, ritornò in Albania e organizzò la resistenza armata all’avanzata turca. Per circa 25 anni il popolo albanese, guidato dallo stesso Skanderbeg, riuscì a resistere alle offensive dell’impero ottomano e costituì un baluardo in difesa dell’Europa intera. Solo alcuni anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1468, i turchi riuscirono a scardinare la resistenza albanese ed occuparono il paese intero. In seguito a questi tragici eventi si registrò in Italia la più consistente migrazione di popolazioni albanesi, che non si compì ad un tratto, ma a varie ondate. Ancora prima della capitolazione della città di Kruja, alcuni nuclei albanesi si erano stabiliti in Puglia, Calabria e Sicilia, nei feudi che Skanderbeg e gli altri condottieri albanesi avevano ottenuto dal re di Napoli, Alfonso I d’Aragona, in cambio dell’aiuto militare prestato nelle continue lotte contro i feudatari locali. Non pochi, però, furono gli spostamenti e i cambiamenti di zona che precedettero l’insediamento definitivo dei gruppi albanesi. Era tuttavia inevitabile per un popolo di guerrieri e pastori, preferire posti impervi e assai difficili da raggiungere. La ricerca di buoni pascoli per il bestiame, l’adattamento all’ambiente e gli atteggiamenti più o meno favorevoli dimostrati dalle popolazioni indigene, però, erano cause altrettanto importanti per la scelta dell’insediamento. Né erano da trascurare fattori come la stipula dei “capitoli” (norme che regolamentavano il funzionamento degli uffici e delle magistrature locali). Dopo interminabili spostamenti e travagliate vicende, i transfughi albanesi trovarono una buona accoglienza nei feudi calabresi di Geronino Sanseverino, principe di Bisignano che aveva preso in sposa Irene Castriota, nipote di G. Skanderbeg. L’insediamento di nuclei albanesi in prossimità del casale di Lungro risale al 1486, anno in cui Geronimo Sanseverino, principe di Bisignano e signore di Altomonte, nel concedere loro ospitalità, imponeva una tassa focatica di 20 ducati annui. Così i 17 fuochi albanesi, in poco tempo riuscirono a prevalere sull’esigua popolazione dell’antico borgo, tanto da imporre la propria lingua, il rito bizantino e gli usi orientali. Del resto, l’economia del paese beneficiò molto della manodopera albanese (ottimi pastori e contadini) che introdusse nuove tecniche di estrazione del salgemma. Essi, in breve tempo, diedero una nuova configurazione urbana all’abitato. Il rapido proliferare delle famiglie albanesi, raggruppate nelle gjitonie, consentì all’insediamento di acquisire il titolo di Universitas (1546), con cui si riconosceva agli abitanti il diritto di creare nel suo seno un’amministrazione cittadina. Così il borgo medievale, in pochi anni perse la sua identità italiana diventando marcata espressione della maggioranza di etnia albanese. Il monastero di Santa Maria delle Fonti, che già prima dell’insediamento dei transfughi attraversava un periodo di profonda crisi, venne abbandonato dai monaci nel 1525. Nella seconda metà del XVII secolo e durante il XVIII secolo, si intensificarono gli scontri tra le famiglie baronali dei Sanseverino di Altomonte ed i Pescara di Saracena. A Lungro si verificarono numerosi scontri politici per l’acquisizione di alcuni diritti baronali su feudi precedentemente contesi. Nel corso degli anni si intensificarono i secolari contrasti religiosi tra il rito greco-bizantino degli albanesi e il rito latino delle popolazioni confinanti. Numerosi preti albanesi subirono il carcere a causa della pratica del rito orientale, ma i lungresi, si strinsero intorno a loro e, lottando con tenacia, riuscirono a conservare la propria identità religiosa.
Tratto da: lungro.gov.it

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